“Quando ho scritto ‘Vita spericolata’ ero in Sardegna davanti al campo sportivo dove avremmo dovuto fare un concerto ma diluviava e io mi ero rifugiato in macchina. Erano mesi che cercavo di mettere le parole alla musica di Tullio Ferro. Come prima frase mi veniva ‘Io voglio Licia’, e poi niente. Quella sera invece pensai “VOGLIO UNA VITA” e tutto, subito dopo, venne fuori di getto. A quel punto la vita la volevo come minimo ‘maleducata’, ‘spericolata’, ‘piena di guai’. Sentii che era venuta fuori una canzone perfetta, e decisi di tornare a Sanremo.”
“Non ci volevo più andare e non ci sarei mai tornato, se non avessi avuto “Vita spericolata”. Pensai che era la canzone della mia vita e che sarebbe stato bello salire sul palco di Sanremo a cantare: ‘Voglio una vita maleducata, di quelle vite fatte, fatte così’. Ci giravo intorno da sei mesi.. cercavo un testo all’altezza della musica che mi aveva dato Tullio Ferro. Mi mancava il verso giusto, il primo. Quando è arrivato, sono impazzito dalla gioia. Ero in Sardegna. Dovevo fare un concerto, ma pioveva e quelli erano gli anni in cui, se pioveva, dovevi cancellare tutto. Mi ricordo questo campo sportivo illuminato di notte, io ero in macchina. Mi venne: ‘Voglio una vita…’. A quel punto ho capito tutto: la voglio spericolata, maleducata, la voglio vissuta. Si piazzò ultima nella classifica, ma diventò la canzone dei ragazzi come me.
“Quando venne fuori ‘Vita spericolata’, io considerai il mio lavoro di cantautore svolto, finito. Non immaginavo che ne avrei potuto scrivere un’altra così perfetta.
Avevo 30 anni e la testa piena di sogni da realizzare, primo fra tutti scrivere e cantare le mie canzoni.
Gli anni ’80 non sono stati affatto facili per chi voleva sfondare nella musica, come si può pensare oggi. Avevo già scritto ‘Siamo solo noi’, il mio manifesto per affermare la libertà di diventare quello che sei, ‘Vita spericolata’ era il mio inno alla libertà di vivere la vita fino in fondo, intensamente. E senza rimpianti.
Si può dire che entrambe le canzoni sono un pilastro della mia filosofia di cantautore rock. O meglio, di ‘provoc – autore’ rock: le domande che pongo nelle mie canzoni non danno mai risposte, la soluzione te la devi trovare tu, e rock perchè avevo scelto la chitarra elettrica e il gruppo per esprimermi”.
“Mi chiesero anche di tradurla in tedesco. Va bene, dissi. Quando mi mandarono la traduzione, non credevo a quello che stavo leggendo. Invece di ‘voglio una vita spericolata /voglio una vita come Steve McQueen’, c’era ‘voglio una vita spericolata /voglio una vita come Erroll Flynn’. Ma si può? È mica la stessa cosa. Loro dissero che in Germania Erroll Flynn era come Steve McQueen in Italia. Non diedi il permesso, ovviamente”.
“È una delle canzoni più fraintese della storia dell’umanità, è un inno alla vita vissuta spericolatamente, nel senso di intensamente. È venuta fuori dalla mia anima, avevo alle spalle già anni di canzoni e vita sui palchi. Poi finì nell’album ‘Bollicine’, e dilagarono tutti e due”.