In una lunga intervista con Esquire, Paul McCartney ha raccontato il suo rapporto con la figura di John Lennon dopo la morte dell’ex Beatle, nel 1980, rilasciando alcune dichiarazioni che stanno facendo il giro della stampa mondiale.
In particolare, McCartney ha dichiarato di essersi sentito “frustrato” per come Lennon, dopo la sua morte, sia diventato un martire, togliendo luce agli tre superstiti. Un “revisionismo”, in cui tutti i meriti dei Beatles vennero automaticamente attribuiti a Lennon. Ecco la risposta di McCartney al giornalista Alex Bilmes, che gli chiede se il paragone con Lennon l’abbia mai frustato.Si. (…) Quando i Beatles si sono sciolti, eravamo tutti uguali, alla pari. Ognuno faceva i suoi dischi. Era come quando eravamo nei Beatles. Quando spararono a John, oltre all’orrore puro della tragedia, la cosa che si pensava era OK, adesso John è un martire. Un JFK. Quello che è successo è che la cosa ha iniziato a frustrarmi perché la gente iniziava a dire: “Beh, lui era i Beatles”. E io, George e Ringo pensavamo: “Beh, aspetta un attimo. Un anno fa eravamo tutti sullo stesso piano”. Certo, dopo i Beatles ha prodotto altra grande musica, ma anche musica meno bella. Il fatto di essere martirizzato l’ha elevato al livello di un James Dean, e oltre. Mentre non mi importava – ero d’accordo – sapevo che ci sarebbe stato del revisionismo. Sarebbe diventato: “John è l’unico”. Gli amici mi dicevano di non preoccuparmi, che la gente sapeva la verità. Ma poi iniziarono a succedere strane cose. Tipo Yoko che parlava alla stampa dicendo, “Paul non faceva nulla, se non prenotare lo studio” . E io: “Vaffanculo, cara! Aspetta un attimo, io ho solo prenotato il fottuto studio?”. Ora le gente lo sa che non è vero, e che faceva parte del gioco. Ma ci fu molto revisionisimo: John aveva fatto questo e quello. Voglio dire, se metti le sue cose migliori di fianco alle mie meno buone, viene tutto facile