Categoria: RSD News

Ci fu un tempo in cui la sigla commerciale che gli affidarono i responsabili marketing della Apple fu assunta per antonomasia a sostantivo, maschile singolare, indicante il lettore mp3. Perché l’iPod rappresentò qualcosa di più di uno status symbol: il primo modello che il colosso informatico di Cupertino presentò sul mercato il 23 ottobre del 2001 contribuì – nel bene e nel male – a ridefinire un’epoca, e a salire il primo gradino che avrebbe portato il mondo dalla “vecchia” discografia – quella basata sul prodotto fisico, che ancora faceva affidamento sulle vendite – alla nuova, che ha visto le sue quote di mercato contrarsi vertiginosamente ed è stata costretta a fare i conti con la tecnologia. Sarebbe poi corretto chiamarla “nuova”? L’industria del disco ai tempi dell’mp3, oggi, pare più una fase di transizione che un nuovo stadio. Lo si desume da un grafico – pubblicato da Macworld, ma basato sui dati ufficiali forniti da Apple – che traccia l’andamento delle vendite dell’iPod – suddise per trimestre – dal 2011 a oggi. http://core0.staticworld.net/images/article/2014/07/ipod-unit-sales-100358882-large.jpg Nel 2011 – meno di quattro anni fa – la Apple smerciò quasi 20 milioni di iPod, 9 milioni nel primo trimeste che scesero a 7 e mezzo nel terzo e sei e mezzo nel quarto. L’anno successivo il trend discendente fu confermato: poco più di 15 milioni le unità smerciate, poco più di 7 e mezzo nel primo, poi 6 e mezzo nel secondo e poco meno di 5 e mezzo nel terzo. Nel 2013 5 milioni e mezzo di pezzi sono la performance trimestrale migliore, fatta registrare non a caso a inizio anno: il terzo fa fermare le vendite a quattro e mezzo, scese a poco meno di tre mezzo nel quarto. Fino al 2014: ad oggi, e non è una novità, il totale degli iPod smerciati si ferma a poco più di sei milioni, poco più di tre tra gennaio e marzo e due milioni e settecentomila e rotti tra aprile e giugno. Per dare un’idea delle proporzioni del fenomeno, occorre tornare al 2009, quando – durante il periodo d’oro del prodotto – i responsabili vendite di Cupertino videro uscire dai magazzini dei negozi, nel solo periodo natalizio, la bellezza di 22 milioni di unità. Giusto un anno prima che la stessa Apple, sul suo sito, decidesse di interrompere la timeline del suo comparto musicale. Oppure, sempre per rimanere a parlare di numeri, basti pensare che nei soli primi due trimestri del 2014 Apple ha venduto la bellezza di 51 milioni di iPhone, ovvero più di quanti iPod siano stati venduti negli ultimi quattro anni. Il bilancio del colosso informatico lo conferma: oggi, nel grafico indicanti le fonti di reddito l’iPod occupa una porzione pari all’uno per cento del totale. E una ripresa, dai responsabili della stessa Apple, non è prevista. Un po’ come il navigatore GPS che una volta brillava sui cruscotti di molte automobili l’iPod, da una parte, è rimasto vittima della versalitità di smartphone e tablet: al fronte di una portabilità identica, meglio avere in tasca un telefono, un lettore mp3, un navigatore e molte altre cose che solo un riproduttore di musica. Dall’altra, il modo di fruire musica fuori casa è cambiato molto di più negli ultimi due anni che nel passaggio da Walkman a iPod: l’avvento dei servizi di streaming – contestualmente alla massiccia diffusione di smartphone e phablet ha offerto l’opportunità al pubblico di fruire cataloghi pressoché illimitati emancipandosi persino dai limiti di spazio dell’hard disk, un tempo (nemmeno troppo lontano) vero indice di gamma del lettore portatile. Che solo una dozzina d’anni fa piazzatosi – sul mercato e nell’immaginario collettivo – come il monolite (solo, bianco) di “2001 Odissea nello spazio”, oggi è (quasi) un pezzo da museo…

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