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Il prossimo 2 dicembre esce il nuovo album in studio dei Rolling Stones “Blue & Lonesome”: una collezione di cover blues registrate d’impulso, recuperando i grandi amori e le radici del sound che portarono alla nascita della band nell’ormai lontano 1962. Abbiamo avuto modo di sentirlo (qui la nostra recensione) e toccare con mano l’atmosfera carica di eccitazione ed elettricità che Jagger, Richards, Watts e Wood sono riusciti a catturare – dopo oltre 10 anni di assenza dal mercato discografico. Keith Richards, con il suo consueto carisma, spiega la natura dell’album così: “‘Blue & Lonesome’ riassume perfettamente tutto ciò che volevamo fare fin dall’inizio. E finalmente, dopo una cinquantina d’anni, abbiamo fatto un disco blues! Anche se non bisogna dimenticare che nel 1964 abbiamo portato ai vertici delle classifiche ‘Little Red Rooster’ di Howlin’ Wolf  e nessun altro gruppo aveva mai preso un pezzo blues e ne aveva fatto qualcosa del genere. Tutto quello che ho sempre voluto è dire ‘Ho tramandato questa roba’. E credo che con ‘Blue & Lonesome’ il mio desiderio si sia finalmente avverato”.

Peraltro il progetto, inizialmente almeno, era di entrare in studio per incidere un album di materiale nuovo, ma i piani sono cambiati rapidamente, come racconta Jagger: “Avevamo già registrato dei brani nuovi. Un giorno poi ci siamo stancati di lavorare a un pezzo – ci capita spesso. Allora ci siamo messi a suonare un blues, poi un altro e un altro ancora. Allora ho detto ‘OK, torniamo domani e facciamone altri tre o quattro’. Le cose sono andate così, molto velocemente”.

Le cover sono state scelte da Mick in persona, che spiega: “Cercavo di selezionare quelle che non erano troppo inflazionate, anche per il palato dei fan del blues. Non sono canzoni che abbiamo fatto spesso. Ho cercato i pezzi più oscuri, tentando di dare più varietà possibile – ritmi, emozioni, mood e tempi diversi”. Keith infatti ribadisce: “Alcuni di questi pezzi non li suonavamo dai tempi in cui ci esibivamo nei piccoli club. E’ stato fantastico. Mi dicevo: ‘Non so se mi ricordo questa roba’. Ma in realtà non è stato necessario farlo. Sono le tue dita che si ricordano tutto. E’ stato un procedimento davvero all’insegna di una bellissima libertà”.